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Portare un bambino (in braccio o in fascia) in presenza di diastasi addominale o prolasso

Una mamma e collega, oggi, mi ha chiesto cosa ne penso di diastasi e portare e, più precisamente, se portare un peso importante e fisso come un bambino non rischiasse di peggiorare la postura e la condizione dei muscoli addominali e pelvici nel postparto.

 

Preferisco lasciare a un altro articolo la spiegazione più approfondita della diastasi, delle cause e dei rimedi (conoscenza che sto cercando di approfondire negli ultimi tempi e di cui vorrei parlare un poco di più), mentre qui inserisco, giusto per chi non sappia di cosa stiamo parlando, una piccola introduzione. La diastasi è l' "allontanamento permanente di superfici muscolari od ossee normalmente contigue" e in particolare la diastasi recti o addominale è l'eccessiva separazione della parte destra dalla parte sinistra del muscolo retto addominale, le quali si allargano, allontanandosi della linea mediana.*

 

Portare un bambino (in braccio o con un portabebé), bisogna tenerlo a mente, può modificare la postura e peggiorarla, soprattutto se già ci sono squilibri (es. scoliosi, cifosi, ernie al disco... problematiche di vario genere a carico della colonna vertebrale e delle pelvi) e dovrebbe essere fatto con cautela, sempre in ascolto del proprio corpo, ancor più se ci sono state operazioni, se ci sono punti, se in presenza di un prolasso o diastasi addominale.

Il centro della questione è che portare un bambino non è e non dovrebbe mai essere come portare uno zaino (un peso morto, per intenderci): gli umani (soprattutto le donne) e i loro cuccioli sono nati per portare ed essere portati, non solo per gli infiniti benefici legati all'attaccamento, al rilascio di ossitocina e all'accudimento consapevole dei nostri piccoli, ma proprio biologicamente, come conformazione fisica, coefficiente di attrito della pelle, presenza e tipologia di peluria, riflessi... Sono nati per un portare attivo. E' un tema molto vasto e molto interessante, in Italia assolutamente poco indagato, ma anche assolutamente illuminante: i neonati, prima attraverso i riflessi e poi con le azioni consapevoli, sono capaci di aiutare e supportare il genitore nel sostenere il proprio peso; non siamo stati fatti per trasportare pesi morti ma bimbi competenti, in grado di partecipare attivamente al processo del portare. Sto proprio facendo un corso, in questi mesi, su come poter meglio sviluppare queste competenze (quindi a breve ci saranno altre tematiche da approfondire :D) , ma un'idea di quello di cui parlo la possiamo avere tutti prestando attenzione a come la percezione del peso del bambino muti appena si addormenta: è in quel momento che il peso, da parzialmente sostenuto, diventa quasi passivo, perché il tono del piccolo cede, mentre lui appoggia maggiormente il corpo al nostro sostegno.
Lo sforzo è progressivo, se si inizia a portare nei primi mesi, il momento in cui il peso del piccolo è più leggero e il corpo del genitore è in fase di ripresa. Ciò fa sì che la mamma non si trovi a dover sostenere un peso a cui non è abituata, tutto d'un tratto.

Nel caso di cesareo, prolasso o diastasi importante, l'ideale sarebbe che la mamma non portasse, almeno all'inizio (importante è poi sempre valutare con un medico e un terapista l'entità del problema, sviluppando un percorso riabilitativo che possa circoscrivere il problema e diminuirne progressivamente la gravità). Ho avuto diversi scambi di opinioni con ostetriche e fisioterapisti su a questo argomento. La risposta finale purtroppo, è abbastanza sconsolante: la mamma che si trova in questa situazione, non solo non dovrebbe portare, ma dovrebbe stare totalmente a riposo, non sollevare pesi e non faticare, ma spesso nel mondo attuale le mamme non seguono questo riposo.  Portare con una fascia e una legatura adeguata almeno scarica il peso su tutto il corpo e, se la donna deve comunque fare sforzi (perché spesso è a casa da sola ad accudire il bimbo), allora è meglio che il peso del piccolo sia scaricato attraverso la fascia, su tutto il corpo, la schiena, le spalle, piuttosto che spostato magari sollevandolo male, tenedolo lontano dal corpo e con uno sforzo ancora maggiore, gravando proprio su quelle zone che sarebbe meglio non sollecitare.


Quindi, in definitiva, un riassunto e qualche considerazione.. Siamo fisicamente creati per portare, se consideriamo che
-portare è e dovrebbe essere più attivo che passivo, per tutelare la nostra salute e per riconoscere le competenze di chi porta e chi è portato, sviluppandone le capacità fisiche; purtroppo nel mondo occidentale, con i portabebé che scegliamo e la vita che conduciamo, sta diventando sempre più passivo
-portare è un'occasione (e non dovrebbe essere mai un obbligo o una norma sociale) che ci può aiutare a riconoscere le posizioni scorrette adottate giorno dopo giorno, proprio ascoltando la fatica e eventuali dolori che emergono: non dobbiamo fare i supereroi ma ascoltare, per correggere e tutelare la nostra salute
-evitare di portare nelle situazioni di non benessere dovrebbe essere la regola generale, considerando il minor sforzo possibile (se sono sola e lo sforzo che devo fare con il bambino è comunque importante, meglio scegliere un aiuto che permetta di sentirmi fisicamente il più comoda e supportata possibile)
- la nostra vita è sempre più sedentaria, per essere sana dovrebbe essere più attiva, dovremmo muoverci di più, imparare a tonificare meglio il nostro corpo (compreso il perineo), in questo modo diminuirebbero le presentazioni disfunzionali dei bambini al momento della nascita, gli interventi medici e la fatica nel parto
-i nostri parti sono sempre più medicalizzati, invece le donne dovrebbero essere supportate nel parto attivo, consapevole e vissuto, limitando il più possibile gli interventi alla reale necessità salvavita
-le nostre donne sono sempre più sole: senza una rete di sostegno, senza una persona che supporti, senza la conoscenza dei cambiamenti del proprio corpo del pre e postparto e spesso senza aver visto o conosciuto altri bimbi prima del loro, incapaci così di riconoscere la "normalità", l'impegno, le competenze...

Quindi sì, sicuramente bisogna conoscere il proprio organismo per non sottoporlo a situazioni che non sono le più adatte: la preparazione al parto potrebbe essere un'occasione per approfondire questa conoscenza, non solo in vista dell'evento nascita, ma come punto di cambiamento, momento in cui è possibile (e utilissimo) iniziare e proseguire la conoscenza del nostro essere donne, di come funziona il nostro corpo, delle sue infinite potenzialità e di come usarle per non superare i propri limiti, ma eventualmente per diventare più flessibili, più forti, resilienti, morbide... Bisogna poi conoscere anche tutte le cose sopra considerate (per esempio al fatto che portare un bambino e uno zaino sia abbastanza diverso) e probabilmente molte altre... per esempio quale vita conduce quella mamma, se ha aiuti, quanti altri figli ha, cosa la preoccupa, come si sente, cosa vorrebbe...
Il mantenimento dello stato di salute passa dal riconoscimento e dal cambiamento di molte condizioni attuali legate al pre e al post parto, dal rispetto dell'ecologia della nascita e della capacità di ascolto dei genitori
(di sé e dei propri bimbi); non passa, dal mio punto di vista, dal presentare come minaccioso per la salute il benessere percepito ascoltando la norma biologica e portando i nostri piccoli, cosa che sta aiutando tantissimi genitori a ritrovare la strada per comprendere e prendersi cura dei propri bisogni e di quelli dei propri figli.

 

*https://www.diastasiaddominale.com/che-cose-la-diastasi-dei-retti-addominali/